Associazione tra gli Studiosi del Processo Penale "G.D. Pisapia"

ASPP

Corte di Giustizia Unione Europea

Causa C-583/23 AK / Ministère public
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2014/41/UE – Ordine europeo di indagine penale – Ambito di applicazione ratione materiae – Nozione di “atto di indagine” – Notifica di un’ordinanza di rinvio a giudizio accompagnata da un ordine di custodia cautelare e di deposito di una cauzione – Audizione dell’imputato

Con la sentenza in epigrafe, la Quarta Sezione delle Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha affermato che gli artt. 1 e 3 della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale, devono essere interpretati nel senso che non può costituire ordine europeo d’indagine una decisione con la quale un’autorità giudiziaria di uno Stato membro richieda a un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro di notificare a una persona un’ordinanza di rinvio a giudizio che la riguarda o di collocare una persona in custodia cautelare per fini diversi da quelli previsti agli artt. 22 e 23 di detta direttiva, o di imporle il deposito di una cauzione; al contrario, costituisce ordine europeo d’indagine, una decisione con la quale un’autorità giudiziaria di uno Stato membro richieda a un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro di consentire a una persona di far valere le proprie osservazioni sui fatti enunciati nell’ordinanza di rinvio a giudizio che la riguarda, purché tale richiesta di audizione sia diretta a raccogliere elementi di prova.

Causa C-400/23 Sofiyska gradska prokuratura / VB (Informazioni sul diritto a un nuovo processo)

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva (UE) 2016/343 – Diritto di presenziare al processo – Articolo 8, paragrafo 2 – Processo che sfocia in una decisione di condanna o di assoluzione in contumacia – Presupposti – Articolo 8, paragrafo 4 – Obbligo di informare la persona giudicata in contumacia dei mezzi di ricorso giurisdizionale disponibili – Articolo 9 – Diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale che consenta di riesaminare il merito della causa e possa condurre alla riforma della decisione originaria – Articolo 10, paragrafo 1 – Diritto a un ricorso effettivo – Normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto a un nuovo processo alla previa presentazione di una domanda di riapertura del procedimento penale dinanzi a un’autorità giudiziaria di fronte alla quale la persona giudicata in contumacia deve comparire

Con la sentenza del 16 gennaio 2025, resa nella causa Causa C-400/23 Sofiyska gradska prokuratura / VB, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Quarta Sezione, ha affermato che l’art. 8, par. 4, seconda frase, della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, in combinato disposto con l’art. 9 di tale direttiva, richiede che nel caso in cui una persona sia condannata in contumacia a una pena privativa della libertà in assenza delle condizioni previste all’art. 8, par. 2, dopo la scadenza del termine previsto per impugnare la decisione pronunciata in contumacia, l’unico mezzo di ricorso giurisdizionale disponibile consiste nel proporre, dinanzi ad un organo giurisdizionale diverso da quello che ha emesso tale decisione, una domanda diretta allo svolgimento di un nuovo processo, purché tale procedura sia conforme ai principi di equivalenza e di effettività. Quest’ultima condizione impone, in particolare, che la procedura di domanda di un nuovo processo consenta effettivamente lo svolgimento di un tale processo in tutti i casi in cui sia accertato, previa verifica, che le condizioni previste all’art. 8, par. 2, di detta direttiva non erano soddisfatte. Per contro, quest’ultima condizione non è soddisfatta qualora sia imposto a colui che richiede un nuovo processo, a pena di archiviazione della sua domanda, di comparire personalmente dinanzi all’organo giurisdizionale competente.

La Corte precisa altresì che in uno Stato membro la cui normativa prevede tale procedura di domanda di un nuovo processo, l’art. 8, par. 4, seconda frase, in combinato disposto con l’art. 9, esige che la persona condannata in contumacia riceva, nel momento in cui è informata dell’esistenza di tale condanna o poco dopo, copia integrale della decisione pronunciata in contumacia, nonché un’informazione facilmente comprensibile relativa, da un lato, al fatto che ha diritto a un nuovo processo qualora non fossero soddisfatte le condizioni previste all’art. 8, par. 2, della medesima direttiva e, dall’altro, alla procedura che le consenta di chiedere lo svolgimento di un tale processo.

La sentenza in epigrafe fornisce anche la corretta interpretazione dell’art. 8, par. 4, seconda frase, della direttiva 2016/343, in combinato disposto con gli artt. 9 e 10, paragrafo 1, di quest’ultima, secondo la quale gli obblighi imposti da tale direttiva sono rispettati quando l’organo giurisdizionale che conduce un processo in contumacia valuta esso stesso, dopo aver sentito al riguardo sia l’accusa sia la difesa, se le condizioni previste all’art. 8, par. 2, di detta direttiva siano soddisfatte e, in caso negativo, comunica nella decisione pronunciata in contumacia, della quale una copia integrale deve essere consegnata all’interessato nel momento in cui questi è informato di tale decisione o poco dopo, che quest’ultimo ha diritto a un nuovo processo.

I giudici europei chiariscono, inoltre, che tali regole si applicano sia in caso di condanna che di assoluzione in contumacia.

Causa C-644/23 Sofiyska gradska prokuratura / IR

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva (UE) 2016/343 – Articolo 8 – Diritto di presenziare al processo – Informazione relativa al processo e alle conseguenze di una mancata comparizione – Impossibilità di rintracciare l’imputato nonostante i ragionevoli sforzi profusi dalle autorità competenti – Possibilità di un processo e di una decisione in contumacia – Articolo 9 – Diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale che consenta di riesaminare il merito della causa – Insussistenza di tale diritto quando l’interessato si sottrae all’azione della giustizia

Con la sentenza in epigrafe, la Quarta Sezione della Corte di Giustizia ha affermato che gli artt. 8 e 9 della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, non ostano a una normativa nazionale secondo la quale una persona, che si sia data alla fuga dopo aver ricevuto un atto di imputazione preliminare formulato a suo carico durante la fase istruttoria di un procedimento penale, che impedisce in tal modo alle autorità competenti di informarla personalmente dell’atto di imputazione definitivo nonché della data e del luogo del processo, e condannata in contumacia, se rintracciata e arrestata ai fini dell’esecuzione della sua pena non avrà diritto a un nuovo processo, a condizione che tale normativa circoscriva detta esclusione dal diritto a un nuovo processo alle persone che, da un lato, tenuto conto dell’insieme delle circostanze pertinenti, possono essere considerate informate del processo e che, dall’altro, sono state rappresentate, durante il processo in contumacia, da un avvocato da esse incaricato o, in mancanza di tale rappresentanza, sono state informate in tempo adeguato del fatto che, se si fossero sottratte all’azione giudiziaria, si sarebbero esposte al rischio dello svolgimento di un processo in loro assenza.

Causa C-766/24 Procedimento penale a carico di AB

Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Risposta che può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o che non dà adito a nessun ragionevole dubbio – Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen – Articolo 54 – Articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Principio del ne bis in idem – Ambito di applicazione – Sentenza che dispone l’internamento di una persona in una struttura psichiatrica giudiziaria – Sospensione condizionata alla sottoposizione di tale persona ad un trattamento medico

Con la sentenza del 26 febbraio 2025, resa nella causa C-766/24, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Ottava Sezione, ha affermato che l’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, fra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995, letto alla luce dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, osta a che uno Stato membro avvii un procedimento penale a carico di una persona sospettata di aver commesso un reato, quando un giudice di un altro Stato membro abbia già accertato, per i medesimi fatti, con sentenza passata in giudicato, la sua non responsabilità a causa di disturbi psichiatrici e ne abbia ordinato l’internamento in una struttura psichiatrica giudiziaria, disponendo la sospensione condizionale di tale misura di internamento con un periodo di prova di cinque anni, le cui condizioni, e precisamente la sottoposizione ad un trattamento medico, siano state rispettate.

Causa C-763/22 Procedimento penale a carico di OP (Concorso di un mandato d’arresto europeo e di una richiesta di estradizione)

Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Conflitto tra un mandato d’arresto europeo e una richiesta di estradizione proveniente da uno Stato terzo – Articolo 16, paragrafo 3 – Nozione di “competente autorità” – Normativa nazionale che attribuisce a un organo del potere esecutivo la competenza a statuire sulla precedenza da dare al mandato d’arresto europeo o alla richiesta di estradizione, in caso di conflitto – Diritto di ricorso

Con la sentenza in epigrafe, la Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha affermato che la corretta interpretazione dell’art. 16, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, richiede che un organo del potere esecutivo può, in caso di conflitto tra un mandato d’arresto europeo e una richiesta di estradizione, riconoscere precedenza ad uno di tali atti, posto che tale decisione deve poter essere oggetto di un ricorso giurisdizionale effettivo alle condizioni procedurali che spetta agli Stati membri stabilire.

Causa C-292/23 Procedimento penale a carico di I.R.O. e F.J.L.R. (Procura europea – Controllo giurisdizionale degli atti procedurali)

Rinvio pregiudiziale – Procura europea – Regolamento (UE) 2017/1939 – Articolo 42, paragrafo 1 – Atti procedurali destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi – Controllo giurisdizionale, da parte degli organi giurisdizionali nazionali, conformemente alle procedure e ai requisiti stabiliti dal diritto nazionale – Portata – Citazione a comparire come testimoni – Diritto nazionale che non consente il controllo giurisdizionale diretto di una siffatta misura – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Principi di equivalenza e di effettività

Con la sentenza in epigrafe, la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, afferma che l’art. 42, par. 1, del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»), letto alla luce dell’art. 19, par. 1, secondo comma, TUE, degli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché dei principi di equivalenza e di effettività, impone che la decisione con la quale, nell’ambito di un’indagine, il procuratore europeo delegato incaricato del caso in discussione cita a comparire testimoni dev’essere soggetta al controllo degli organi giurisdizionali nazionali competenti, in forza del menzionato art. 42, par. 1, quando è destinata a produrre effetti giuridici vincolanti tali da incidere sugli interessi dei soggetti coinvolti, modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica. In tale ipotesi, infatti, il diritto nazionale deve garantire a tali persone il controllo giurisdizionale effettivo della medesima decisione quantomeno in via incidentale, eventualmente, da parte del giudice penale incaricato della pronuncia, anche attraverso procedure di contestazione diretta.

Causa C-481/23 Ministerio Fiscal e Abogado del Estado / JMTB

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Articolo 4, punti 4 e 6 – Motivi di non esecuzione facoltativa – Condizione secondo cui i fatti rientrano nella competenza dello Stato membro di esecuzione in virtù del proprio diritto penale – Condanna non definitiva – Mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale

Con la sentenza del 10 aprile 2025, resa nella causa Causa C-481/23 Ministerio Fiscal e Abogado del Estado / JMTB, la Corte di Giustizia Europea, Quinta Sezione, ha affermato che l’art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, richiede che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutarsi di eseguire  un mandato d’arresto europeo sulla base di tale disposizione qualora non sia stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà.

La Corte chiarisce altresì che l’art. 4, punto 4, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, impone che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo non può rifiutarsi di eseguirlo, sulla base di tale disposizione, qualora i fatti non rientrino nella competenza dello Stato membro di esecuzione in virtù del proprio diritto penale, e ciò anche quando l’azione penale o la pena sarebbe caduta in prescrizione se la legislazione di tale Stato membro fosse stata applicabile.

Causa C-530/23 K.P / Prokurator Rejonowy we Włocławku

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva (UE) 2016/1919 – Patrocinio a spese dello Stato – Direttiva 2013/48/UE – Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale – Garanzie procedurali per le persone vulnerabili – Determinazione della vulnerabilità di tali persone – Assenza di presunzione legale – Effetto diretto – Interrogatorio di un indagato in assenza di un difensore – Ammissibilità delle prove ottenute in violazione dei diritti procedurali

Con la sentenza dell’8 maggio 2025, resa nella causa Causa C-530/23 K.P / Prokurator Rejonowy we Włocławku, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Seconda Sezione, ha affermato che gli artt. 2, par. 1, lett. b), 4, par. 5, e 9 della direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell’ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d’arresto europeo, in combinato disposto con l’art. 3, par. 2, lett. da a) a c), e con l’art. 3, par. 3, della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari, devono essere interpretati nel senso che gli Stati membri hanno l’obbligo, da una parte, di garantire che la vulnerabilità di un imputato o di un indagato sia individuata e riconosciuta prima che tale imputato o indagato sia interrogato in un procedimento penale o prima che siano svolti gli specifici atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove nei suoi confronti e, dall’altra parte, di garantire l’accesso a un difensore con il beneficio del patrocinio a spese dello Stato senza indebito ritardo e, al più tardi, prima dell’interrogatorio condotto da parte della polizia, di un’altra autorità di contrasto o di un’autorità giudiziaria, o prima dell’esecuzione degli atti investigativi o di raccolta di prove ai quali tale imputato o indagato è tenuto, o autorizzato, a partecipare.

La Corte precisa altresì che l’art. 12 della direttiva 2013/48 e l’art. 8 della direttiva 2016/1919, impongono che le decisioni relative, da un lato, all’esame dell’eventuale vulnerabilità di un indagato o imputato e, dall’altro, al rifiuto di concedere il patrocinio a spese dello Stato a una persona vulnerabile e alla scelta di interrogare tale persona in assenza di un difensore, siano motivate e possano essere oggetto di un mezzo di ricorso effettivo. Per contro, tali disposizioni non ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento penale, non consente a un giudice di dichiarare inammissibili prove incriminanti tratte da dichiarazioni rese da una persona vulnerabile nel corso di un interrogatorio condotto da parte della polizia, di un’altra autorità di contrasto o di un’autorità giudiziaria in violazione dei diritti previsti dalle direttive 2013/48 o 2016/1919 purché, tuttavia, nell’ambito del processo penale tale giudice, da un lato, sia in grado di verificare che detti diritti, letti alla luce dell’art. 47 e dell’art. 48, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, siano stati rispettati e, dall’altro, possa trarre tutte le conseguenze derivanti da tale violazione, in particolare per quanto riguarda il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in siffatte condizioni.